Consumo di suolo in Italia: continua l’assalto al territorio, cresce la fragilità climatica
Il nuovo Rapporto ISPRA-SNPA conferma: l’Italia continua a divorare territorio. Nel 2024 consumati 83,7 km² di suolo in un anno, 2,7 m² al secondo. In assenza di una legge nazionale, il cemento avanza su campi agricoli, coste e aree a rischio idrogeologico, aggravando crisi climatica e ingiustizie ambientali.
Il nuovo Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici 2025” di ISPRA e SNPA fotografa un Paese che continua a divorare territori agricoli ed ecosistemi come se non ci fosse domani. Tra il 2023 e il 2024 sono stati consumati 83,7 km² di suolo: più di 2,7 metri quadrati al secondo. È il valore più alto degli ultimi 12 anni.
Le nuove superfici artificiali hanno sostituito soprattutto terreni agricoli e aree naturali, mentre gli interventi di ripristino sono rimasti marginali: appena 5 km² recuperati, totalmente insufficienti a frenare la devastazione del territorio. Il consumo netto di suolo sale così a 78,5 km² nell’ultimo anno.
Secondo il rapporto, oggi in Italia oltre 21.500 km² di territorio sono ricoperti da cemento e asfalto: il 7,17% del Paese (la media europea è 4,4%). Le regioni con le percentuali più alte restano Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%). In termini di nuovi ettari consumati nell’ultimo anno guidano la classifica Emilia-Romagna (+1.013 ha), Lombardia (+834 ha), Puglia (+818 ha), Sicilia (+799 ha) e Lazio (+785 ha).
A crescere è soprattutto il consumo legato a cantieri e nuove infrastrutture logistiche, oltre che agli impianti fotovoltaici a terra, che nel 2024 hanno occupato 1.702 ettari (l’80% sottratti ad aree agricole). ISPRA segnala anche un forte incremento dell’urbanizzazione in aree a rischio idrogeologico, aggravando l’esposizione a frane e alluvioni: 1.303 ettari consumati in zone a pericolosità idraulica media e 608 ettari in aree a rischio frana.
Il consumo di suolo non è solo una questione paesaggistica: significa perdita di servizi ecosistemici, aumento delle isole di calore urbane, devastazione della biodiversità e costi ambientali stimati fra 8,6 e 10,5 miliardi di euro all’anno.
In assenza di una legge nazionale che ponga uno stop al consumo di suolo, continua l’espansione edilizia e infrastrutturale senza pianificazione ecologica. Ogni ettaro perso è tempo e futuro rubato: significa meno capacità di assorbire acqua piovana, meno cibo prodotto localmente, meno resilienza climatica.
Il cemento è una scelta politica. Fermarlo può esserlo altrettanto.
Serve subito:
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una legge nazionale per il suolo con obiettivo consumo netto zero entro il 2030,
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stop alle nuove colate di cemento e priorità al riuso e rigenerazione urbana,
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tutela delle aree agricole e degli ecosistemi come beni comuni,
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pianificazione ecologica democratica, non subordinata a interessi speculativi.