Diario da Belém – giorno 10

A due giorni dalla chiusura, 85 Paesi chiedono il phase-out dei fossili mentre Italia e Polonia frenano. Tra stalli su finanza e adattamento, a Belém cresce la pressione per un risultato davvero storico.


20 novembre 2025

Mancano due giorni alla fine della cop30 e i negoziati si intensificano di ora in ora. Da lunedi   si è entrati nella fase più politica del vertice e bozze, indiscrezioni e giri di consultazioni si sono susseguiti senza sosta. Ad oggi la notizia che potrebbe cambiare il corso di questa Conferenza è che 82 Paesi hanno annunciato di voler inserire nel testo finale un piano chiaro per l’uscita dai combustibili fossili, rafforzando il riferimento al transitioning away di Dubai. Il fronte è largo e spinge per una roadmap vincolante su carbone, petrolio e gas. L’Unione europea vorrebbe esprimere una posizione unitaria, ma questa volontà rischia di infrangersi contro le resistenze di Italia e Polonia. È una situazione imbarazzante per il vecchio continente – e anche per il nostro paese che a Belem non sta facendo certo una bella figura – soprattutto perché arriva proprio mentre cresce la pressione globale per segnare un punto di svolta che che ambisce ad essere storico.

La presidenza brasiliana sta adottando un approccio per portare a casa il risultato e finireaa entro i tempi stabiliti: la Cop30 si potrebbe chiudere non con uno ma con due documenti finali, uno di massimo livello politico con le questioni su cui c’è maggior consenso e uno per cosi dire “secondario” che raccoglierebbe i nodi su cui il consenso è fragile. Una mossa per evitare tatticismi e costringere le Parti a negoziare lasciando meno spazio alle manovre dilatorie.

Su varie questioni la discussione resta infatti impantanata, con divergenze significative tra Paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo. 

Ad esempio sul Global Goal on Adaptation, ancora non c’è accordo sui target annuali di finanziamento e sui piani nazionali. 

Sul Global Stocktake c’è stallo soprattutto sulle modalità per il secondo ciclo. 

Resta da sciogliere anche la condicio sine qua non di tutto il resto, ovvero i fondi, la finanza climatica, con diversi paesi del sud che chiedono un piano d’azione chiaro e spingono su trasparenza e equità nella distribuzione delle risorse. 

Intanto in questi giorni una proposta sulla giustizia fiscale si è fatta strada non sui tavoli negoziali ma riecheggiando nei padiglioni della Cop:  la proposte di introdurre una tassa sui voli in business, executive e prima classe, supportata da 8 paesi tra cui Francia, Spagna, Kenya, Barbados e Somalia con anche la Commissione europea che ha espresso sostegno.

L’Air Transport Action Group stima che l’applicazione di tariffe differenziate per le classi premium potrebbe portare a un gettito annuo tra 6 e 20 miliardi di euro a seconda dell’aliquota, mentre applicare una tassa modulare su tutti i biglietti potrebbe generare addirittura tra 40 e 300 miliardi di dollari di gettito per finanziare mitigazione, adattamento e politiche sociali nei territori più esposti. Mentre aspettiamo gli esiti dei negoziati, questa proposta dovremmo prenderla.. al volo.


Il Diario di A Sud dalla COP è curato da Marica Di Pierri e Laura Greco da Belem ed è parte del podcast di rassegna stampa quotidiana “Scanner” di Valerio Nicolosi per Fanpage.

Riascolta la puntata qui

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